Sentiamo con insistenza parlare delle difficoltà incontrate dall’economia tedesca. L’argomento è importante e ha un grosso impatto anche sulla situazione italiana. Per analizzare i possibili sviluppi è necessario però distinguere, come si dice, la farina dalla crusca.

LA MEMORIA CORTA

Si tende a dare valore assoluto alle informazioni dei media nazionali, media che possono avere motivi esterni per dare un taglio alle notizie piuttosto che un altro. Al contrario, un’ informazione raccolta da fonti internazionali comparate, può fornire dati più precisi.

In ogni caso, per una corretta interpretazione della situazione si deve tenere conto che i tassi di crescita citati dai media hanno, per così dire, una memoria strutturalmente corta, in quanto si rifanno sempre al valore precedente. Si perde quindi la visione generale del valore assoluto. Banalmente non è la stessa cosa perdere un punto percentuale se il valore precedente era cresciuto di tre oppure era anche lui calato di uno. Il sommarsi di questo modo di vedere i dati può essere fuorviante.

I grafici che seguono evidenziano la potenza dell’economia tedesca, al di là dalle oscillazioni di breve periodo.

Limitandoci al settore manifatturiero, di nostro interesse, riportiamo di seguito due grafici comparativi

 

Fatturato industria manifatturiera tedesca. Valori in miliardi di euro. Fonte: Statistisches Bundesamt

 

Fatturato industria manifatturiera italiana. Valori in milioni di euro. Fonte: Istat

Si può vedere come

  • Il tonfo del 2008 sia stato recuperato in pochi anni in Germania, mentra in Italia non si è più arrivati ai livelli precedenti, nonostante una timita risalita.
  • Gli effetti del Covid siano stati meno gravi in Germania in valore assoluto e comunque subito riassorbiti da una ripartenza fulminante, mentre in Italia si stenta a raggiungere i livelli pre-covid.

MA ALLORA LA RECESSIONE IN GERMANIA ESISTE ?

La risposta è che tecnicamente esiste. Si sono registrati alcuni periodi successivi in calo, quindi si definisce recessione. Le cause sono note e hanno radici profonde.

La crisi dell’auto, la concorrenza asiatica ma anche, in generale, l’instabilità politica mondiale colpiscono una economia basata sull’export di tecnologia.

Queste cause sono in parte strutturali e ci aspettiamo di dover convivere con tassi di crescita compressi per un periodo prevedibilmente lungo.

QUALI CONSEGUENZE IN GERMANIA

Come abbiamo visto la Germania è un colosso industriale e continua ad esserlo. A supporto della produzione le aziende hanno una rete commerciale mondiale che non si ferma. La stagnazione della crescita è temporanea anche se al momento si fa sentire. Viaggiando in Germania si respira un clima di vigile ottimismo.

Attualmente le aziende tedesche stanno sperimentando una fase di riorganizzazione a fronte delle mutate condizioni. Molte aziende applicano riduzioni di orario di lavoro.

Strategicamente però si stanno muovendo per adattarsi alla situazione. Nel campo degli approviggionamenti, che ci interessa da vicino, la difficoltà di reperimento del materiale dalla Cina porta ad una revisione del parco fornitori, spostando, cioè riportando, in Europa produzioni in passato realizzate in Oriente.

Non possono portarle in Germania perché la loro industria della sub-fornitura è stata ridotta al minimo. D’altra parte se dalla Cina le merci non arrivano puntuali o non arrivano affatto sono pronti a pagare di più purchè sia fatto in Europa e abbia granzia di affidabilità di consegna.

Appare quindi evidente che la leggera flessione di volume possa essere più che ampiamente compensata da un re-indirizzamento geopolitico dei fornirori.

QUALI ASPETTATIVE PER L’ITALIA

La vera domanda per l’Italia è quindi come agganciarsi alla locomotiva e restarne attaccati, piuttosto che porsi il problema di un suo relativo rallentamento.

Le aziende italiane godono attualmente di un buon portafoglio ordini, in parte perché non si sono ancora fatti sentire gli effetti dal rallentamento tedesco. In queste condizioni è bassa la motivazione ad investire per la ricerca di nuovi clienti, specialmente in un paese, la Germania, che non da segnali di ottima salute. Questa scelta può risultare miope.

Gli uffici acquisti tedeschi sono infatti più che mai ricettivi a nuovi fornitori che abbiano una adeguata capacità produttiva ed una qualità adatta, non necessariamente eccelsa.

I tempi con cui si muovono sono però sempre quelli tedeschi, forse leggermente accorciati dalla situazione. Non ci si deve aspettare che un buyer tedesco si affidi ad un nuovo fornitore senza averne pesato i comportamenti. Le aziende italiane che intendono sfruttare questa apertura di mercato devono essere pronte ad una trafila di accreditamento che può durare molti mesi se non anni, prima di portare a volumi rilevanti di produzione stabile.

Questo è forse il problema principale, le aziende italiane sono abituate a tempi brevi e accettano a fatica il percorso imposto dai buyer tedeschi. In pratica spesso succede che perdano la pazienza sul più bello e compromettano gli sforzi fatti.

IN CONCLUSIONE

Crediamo che nell’arco di qualche anno gli acquisti tedeschi si concentreranno in Europa in volumi notevoli e a condizioni interessanti.

Questo spostamento sarà strutturale e porterà lavoro stabile in Europa per i prossimi decenni. Se verranno o no portati in Italia dipenderà dall’atteggiamento e dalla lungimiranza delle vostre aziende.

 

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