La pandemia che ha messo in ginocchio le economie di tutte le nazioni ha , ovviamente, anche la Germania.

Dal punto di vista sanitario i tedeschi hanno dovuto affrontare dei duri lockdown allargati anche al settore dell’industria, talvolta con regole più ferree rispetto alle nostre.
Tuttavia, la Germania si è contraddistinta anche in questa drammatica contingenza, il consumo generato dai privati è stato compresso rispetto al periodo pre pandemia, ma così non è stato per il settore dell’export e dell’edilizia.

Il calo complessivo del Pil nel 2020 è rimasto il 5%, un dato migliore rispetto a Italia e Francia e che non batte il dato della crisi finanziaria del 2008/2009 (quando il Pil crollò del 5.7%).
Oltre ai rassicuranti dati economici, c’è da aggiungere che anche dal punto di vista umano e lavorativo la Germania ha adottato misure migliori rispetto agli altri paesi, la disoccupazione si è attestata sulle 200.000 unità in più, ma esse sono dovute più alla stagionalità che alla pandemia.

Questo è stato possibile grazie a una politica di diminuzione delle ore di lavoro (Kurzarbeit), che è stata preferita a una politica di licenziamenti.

Per il 2022 ad una prima lettura le stime non sembrano rosee, ma ad una attenta analisi ci sembrano porre le basi per un’apertura all’export veneto.
L’associazione industriale tedesca Bdi ha affermato che gli ordini continuano ad arrivare ma che la produzione non riesce a stare al passo con la domanda, motivo per il quale le aziende tedesche si affidano volentieri a supplier italiani.

I supplier italiani, a loro volta, traggono particolare profitto dall’affacciarsi sul mercato tedesco, dove i loro prodotti sono particolarmente apprezzati.

CONCLUSIONI

È il momento ideale, quindi, perché le aziende del territorio si propongano come partner efficienti e affidabili, in modo da poter creare relazioni commerciali che possano durare a lungo termine e che portino profitti a entrambe le parti.

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